Nel mio intervento al ventennale di Jonas ho sostenuto che una delle conseguenze della nascita di Jonas è stata l’invenzione di una nuova lingua in psicoanalisi.
Nell'ultima lezione del Seminario XX Lacan afferma “che il sapere, che struttura con una coabitazione specifica l’essere che parla, ha un grandissimo rapporto con l’amore. Ogni amore si sostiene con un certo rapporto tra due saperi inconsci”.
Cos’è lalangue? Jacques Lacan lo illustra mirabilmente nell’ultima lezione del Seminario XX.
Le varie forme di psicopatologia trattano la mancanza come un deficit da colmare, fanno della mancanza costitutiva dell’essere umano una malattia da guarire.
Sono affezionato in modo particolare al Seminario XX di Jacques Lacan perché mi riporta indietro nel tempo.
La riflessione psicoanalitica di Jacques Lacan ci offre una possibilità per approfondire la specificità dell’amore.
Nella psicoanalisi di Lacan l’oggetto piccolo a è ciò che contrassegna il buco dell’Altro.
La clinica borderline mostra la difficoltà di avviare la concatenazione dei significanti e mette in primo piano la dimensione della lalangue.
Open to meraviglia, la campagna di promozione del turismo in Italia non è convincente perché ci propone un’esperienza senza inconscio.
Il concetto di atto analitico è fondamentale per intendere il cambiamento che avviene alla fine di un’analisi.
Il Nome-del-Padre e il fallo sono due concetti che nell'insegnamento di Lacan indicano la funzione metaforica del linguaggio. Il Nome del Padre e il fallo rientrano in quella serie di concetti che Lacan aveva elaborato per render conto del rapporto tra il significante e il significato.
La forclusione del Nome del Padre è il concetto inventato da Jacques Lacan per indicare il nucleo psicopatologico della psicosi. La psicosi insieme alla nevrosi e alla perversione è una delle tre strutture soggettive. Per concepire la struttura psicotica Lacan ci propone l'esempio di uno sgabello a tre piedi.
Nell’insegnamento di Lacan il discorso è una struttura di elementi che prova a tenere insieme la dimensione del significante e quella del godimento, ossia la parte della nostra vita che riesce a essere rappresentata e condivisa e quella invece che ci rimane appiccicata addosso come un vissuto sensoriale ed emotivo che risulterà sempre intraducibile.
In un percorso psicoanalitico il soggetto sembra muoversi sul crinale tra significante e significato, perlomeno fino a quando non inciamperà nell'esperienza del Reale.
L'angoscia si presenta sempre quando ci troviamo di fronte all'enigmaticità del desiderio dell'Altro. L'angoscia ci destabilizza perché non abbiamo punti di riferimento per interpretare cosa l'Altro vuole da noi.
Isteria e nevrosi ossessiva possono essere concettualizzate come due declinazioni diverse della struttura nevrotica, ciò non vuol dire però che siano due linguaggi differenti o due codici contrapposti. Si tratta piuttosto di una torsione che viene impressa alla stessa struttura di linguaggio.
L’isterica cerca il suo desiderio nel desiderio dell’Altro, ossia nel desiderio che suppone all’Altro in quanto tale. L’ossessivo invece entra nel circuito del desiderio evitando l’alterità a cui apre la domanda d’amore.
Il complesso di Edipo segna una tappa fondamentale nello sviluppo psichico e relazionale dell'essere umano. Il complesso di Edipo per Freud e Lacan è un passaggio simbolico che fonda la dimensione desiderante del soggetto. Nel complesso di Edipo Lacan distingue “tre tempi”, ossia tre scansioni logiche.
Una volta in un’intervista mi è capitato di dire che l’analista non va posto sullo stesso asse relazionale che lega un soggetto al padre. Certamente in una fase iniziale della cura l’analista assume le sembianze di una figura paterna, ma più si va avanti nella cura e più l’analista presentifica quella dimensione non metabolizzabile da nessuna metafora paterna.
La questione che si pone per una pratica interpretativa che abbia come focus il Reale riguarda il seguente quesito: come deve essere la modalità di interpretazione che voglia sintonizzarsi con la pulsazione dell’inconscio?
La teoria della testimonianza di Massimo Recalcati ha segnato un cambio di paradigma nella psicoanalisi lacaniana perché ha riportato l’attenzione sul Padre-soggetto prima ancora che sul Padre-significante.
La fondazione di Jonas nel 2003 traduce nel campo istituzionale la nuova apertura teorica formulata da Recalcati nel libro Clinica del vuoto (2002). Si tratta di un testo che allarga l’orizzonte clinico che Recalcati aveva costruito con i suoi precedenti testi sull’anoressia-bulimia.
Il cammino psicoanalitico di Recalcati non è caratterizzato soltanto dalla formulazione di nuovi concetti. Il lavoro teorico-clinico di Recalcati mostra una vocazione intellettuale che ci consente di comprendere ancor di più il ruolo della psicoanalisi nella cultura e nella vita della città.
L’olofrase è un concetto della psicoanalisi lacaniana mutuato dalla linguistica: durante l’apprendimento del linguaggio i bambini attraversano una fase in cui utilizzano una singola parola per trasmettere il significato di una intera frase.
Le persone che leggono, ascoltano e si lasciano toccare dalla parola di Massimo Recalcati sono interessate al suo discorso non perché parli di Lacan in modo comprensibile. Ripercorrendo l’insegnamento di Lacan Recalcati esprime sicuramente un discorso chiaro a tutti ma spinge anche ciascuno a interrogarsi sulla singolarità del proprio desiderio.
La pratica psicoanalitica di Nicolò è caratterizzata dal confronto costante con la ricerca scientifica più aggiornata.
Allo stesso tempo dedica una particolare attenzione alla dimensione creativa del soggetto.I suoi ambiti clinici e di ricerca riguardano la cura dei nuovi sintomi (ansia, attacchi di panico e depressione; anoressia, bulimia e obesità; gioco d’azzardo patologico e nuove dipendenze) e in particolare la clinica borderline.