L'olofrase tra forclusione e significazione
L’olofrase è un concetto della psicoanalisi lacaniana mutuato dalla linguistica: durante l’apprendimento del linguaggio i bambini attraversano una fase in cui utilizzano una singola parola per trasmettere il significato di una intera frase.
Nella sua applicazione lacaniana l’olofrase serve a indicare alcune condizioni soggettive dove al posto della catena significante (la frase) ci troviamo di fronte a un congelamento dell’articolazione significante. In questi casi la significazione del discorso del paziente viene bloccata perché non c’è un rimando da un significante all’altro, come se un significante riassumesse in sé tutto ciò che aveva da dire.
Nelle fasi iniziali di una cura ciò risulta molto problematico perché abbiamo bisogno di una minima articolazione significante per cogliere la struttura del soggetto.
Il rimando dei significanti e la struttura
La catena significante produce senso perché un significante rimanda a un altro significante. La formula S1-S2 sta ad indicare la base di partenza di ogni processo di significazione: c’è una parola che rimanda a un’altra parola che poi si riaggancia a un’altra parola e così si costruisce pian piano il senso di una frase.
Quando ascoltiamo un paziente che ci racconta un episodio della sua vita cerchiamo di ricollegarlo ad altri eventi che gli sono accaduti per ricostruire il senso di quel singolo evento.
L'olofrase e la posizione del soggetto
L’olofrase non è un concetto clinico che permette di fare diagnosi differenziale sulla struttura del soggetto, sebbene indichi un certo funzionamento della struttura.
Come ricorda lo psicoanalista Alexandre Stevens: "Lacan elimina nella funzione dell’olofrase ogni contingenza fenomenale e ne fa così un termine della struttura. Livella così l’olofrase alla solidificazione della coppia di significanti S1 S2. Ora, lo ricordiamo, il significante non può designarsi da solo, ma è designato da un altro significante. Tra un significante e il significante con cui il primo significante è designato c’è una non-coincidenza, una faglia, un intervallo, che permette ci sia metafora, e cioè che ogni significante possa venire al posto di un altro e produrre così una certa significazione. Essa fonda nello stesso tempo il desiderio dell’Altro, per il fatto che questo desiderio può essere così interrogato da parte del soggetto" [Cfr. A. Stevens (1983), “Nota sull’olofrase”, La Psicoanalisi, 1987, 2, pp. 89-90].
Nel Seminario XI Lacan arriva a formulare che “quando non c’è intervallo tra S1 e S2, quando la prima coppia di significanti si solidifica, si olofrasizza, abbiamo tutta una serie di casi, anche se, in ciascuno, il soggetto non occupa lo stesso posto” [J. Lacan (1964), Il seminario, Libro XI, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, p. 233].
Lacan usa l’olofrase per indicare diverse condizioni soggettive tra cui la psicosi e il fenomeno psicosomatico. Sono situazioni cliniche ben diverse che sono tuttavia accomunate dalla difficoltà del soggetto nel dare avvio alla catena significante e di conseguenza anche nel non potersi appoggiare all’Altro. E ricordiamo che l’Altro nella prospettiva di Lacan va inteso sia come Altro del linguaggio che come Altro del desiderio.Alcune forme di psicosi trovano nel funzionamento dell’olofrase una forma di stabilizzazione, un’alternativa al delirio ma che come il delirio consente di evitare il confronto con il buco della significazione.
Per alcuni pazienti psicotici il livello del senso rimane forcluso e la dimensione della parola rimane relegata alla funzione denotativa.
La struttura del linguaggio nella psicosi non produce senso e verità nel rimando da un segno verso altri segni. Piuttosto, di fronte alla rete di connessioni possibili tra i segni lo psicotico sperimenta uno stato di “perplessità” o di ironia nichilista in base a cui le parole non dicono nulla o suonano come puro artificio.
Fenomeno psicosomatico vs. isteria
Nel fenomeno psicosomatico l’olofrase serve a illustrare un funzionamento del sintomo ben diverso dalla conversione somatica che troviamo invece nella sintomatologia isteriforme.
Nell’isteria il sintomo è un sintomo parlante, rimanda cioè a una trama significante inconscia.
Nella nevrosi isterica il sintomo è il significante di un significato inconscio perché è un significante che rimanda a un altro significante.
Il sintomo isterico viene vissuto come un messaggio che interroga il soggetto e nel corso della cura si predispone ad essere accostato con l’interpretazione. Il sintomo isterico è una traccia nel corpo che domanda di essere riconosciuta: è un sintomo che attende di incontrare l’Altro in grado di interpretarla.
Il fenomeno psicosomatico esprime invece un sintomo che non domanda nulla, esso consiste come puro evento di corpo che non apre alcuna interrogazione soggettiva.