A cosa punta la relazione terapeutica
Nella mia pratica professionale individuo la necessità crescente di un sapere che sappia farsi carne, che sappia diventare rilevante nell’operatività clinica senza perdere tuttavia spessore teorico e rigore scientifico. Il filo conduttore è costituito dalla necessità di garantire “a ciascuno la sua relazione”. Questa formula è valida sia per i terapeuti che per i pazienti.
Se ci chiediamo a cosa punta la relazione terapeutica, allora dobbiamo mettere in primo piano la singolarità del paziente che può essere colta solo attraverso un’applicazione soggettivata del metodo clinico.
Ogni terapeuta deve sviluppare un proprio stile relazionale e deve saperlo modulare caso per caso. “Lo stile è l’uomo a cui ci si rivolge” sottolineava Jacques Lacan in apertura dei suoi Scritti.
Indice
Dasein e Reale
La conduzione della cura è esposta al vento del transfert e alle oscillazioni della relazione tra paziente e terapeuta. In alcuni momenti, se vogliamo riprendere la rotta terapeutica, dobbiamo far riferimento a una bussola, a un modello che possa permetterci di ristabilire la direzione della cura senza escludere o rimuovere l’inciampo del nostro incedere nella relazione con il paziente.
A questo proposito il Dasein e il Reale sono due concetti che possono funzionare come bussole per la pratica clinica e possono indicarci a cosa punta la relazione terapeutica.
Il Dasein è un concetto filosofico che caratterizza la psicopatologia fenomenologica, il Reale invece risulta decisivo per comprendere la portata clinica della psicoanalisi lacaniana.
Entrambi si configurano come due “organizzatori psicopatologici” che sono presenti in modo trasversale quando ci occupiamo della cura della psicosi, del borderline o della nevrosi. Sono degli organizzatori trans-strutturali che di volta in volta, cioè struttura per struttura, assumono una fisionomia che definisce la particolarità delle problematiche cliniche con cui paziente e terapeuta si confrontano nel vivo della cura.
Per qualche spunto in più sulla differenza tra nevrosi, psicosi e borderline si veda questo intervento su Essere soli, ma non senza l'Altro.
Adesso immaginiamo di trovarci in una riunione d’équipe, un’équipe multidisciplinare dove si condividono alcuni principi fondamentali, ma con percorsi formativi e sensibilità diverse.
Se volessimo spiegare in quel contesto in cosa consiste il Dasein e il Reale, dovremmo ridurre gli argomenti e avvalerci, giusto per il tempo della riunione, di qualche metafora anziché di proposizioni filosofiche o scientifiche.
Potremmo allora dire che il Dasein è il terreno sotto i nostri piedi.
- Nel caso della psicosi per il soggetto non è scontato avere un terreno sotto i piedi e ogni mattina la persona deve fondare i presupposti del proprio cammino.
- Il paziente borderline si muove invece su un pavimento instabile dove cerca di orientarsi coinvolgendo le altre persone con cui si trova ad interagire, ogni mattina il borderline cerca di capire, in modo “impaziente”, di chi potrà fidarsi per trovare un po’ di stabilità.
- Il paziente nevrotico si sentirà ancorato al terreno e la questione che si porrà riguarda la direzione da scegliere nella propria vita e cercherà di capire quale direzione corrisponde effettivamente al proprio desiderio.
Ovviamente la distinzione tra i tre modi di vivere il terreno sotto i piedi non è così netta. Ci sono alcune caratteristiche del Dasein che possono essere trasversali alla psicosi, al borderline e alla nevrosi. Per esempio, il vissuto del “tempo sospeso” non è soltanto prerogativa della psicosi, l’istantaneità del tempo borderline può riguardare per certi periodi anche i soggetti nevrotici, e infine l’esitazione nella scelta non attanaglia soltanto il nevrotico.
Il modo in cui i diversi soggetti vivono il tempo non è solo indice del Dasein su cui si muovono, ma anche del modo in cui si confrontano con il proprio Reale. Nell’esperienza di ciascuno il Reale è ciò che è indeterminato, non facilmente decodificabile e che rimane insaturo. Il Reale è il mistero che abita il Dasein.
Nella psicosi la sospensione del tempo si accompagnerà a un’atmosfera dove è il senso del proprio esserci (Dasein) ad essere in sospeso.
In questa sospensione generalizzata del senso il soggetto psicotico rischia di trovare un significato dappertutto, di scoprire un presagio e una soluzione al mistero in qualsiasi segno che provenga dal mondo esterno. Il delirio diventa una liberazione dall’incertezza radicale che caratterizza il proprio Dasein.
Nel paziente borderline l’esperienza del Reale non è mai senza un riferimento intersoggettivo. Il borderline non sa aspettare, vive con bramosia il proprio esserci.
Il borderline cerca di regolare il rapporto con il mistero spostando la partita verso l’esterno, coinvolgendo gli altri in un gioco di specchi dove spera di trovare la stabilità e le risposte che non riesce a darsi da sé.
Il soggetto nevrotico evita di fare i conti con il Reale, non vuole pagare il prezzo dovuto alla perdita di padronanza su di sé.
Il nevrotico vive con disagio ogni minimo segnale che rimanda alla presenza di un qualcosa d’altro che minaccia il controllo del Dasein. E il sintomo del nevrotico costituisce il miglior compromesso per evitare e, allo stesso tempo, mantenere un rapporto con quel Reale che non si acciuffa mai e che tuttavia non ci si toglie mai di dosso.