
Vuoto e mancanza nel famigliare
Nel lavoro clinico osserviamo sempre più delle situazioni familiari caratterizzate da dinamiche relazionali confusive. In modo sempre più frequente mi ritrovo ad ascoltare storie familiari dove il primo tempo della cura consiste nel dare trama a ciò che non fa trama.
Se prendiamo come riferimento la psicopatologia fenomenologico-dinamica, sappiamo che ciò che non fa trama è il trauma. Con il termine trauma non dobbiamo immaginare solo degli eventi gravi, ma tutti quegli eventi che nelle storie delle famiglie limitano la possibilità di costruire una trama. Possiamo dire che costruire una trama è un modo per connettere i traumi: essi sono tali perché interrompono la costituzione della trama.
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Mancanza e vuoto traumatico
Nella pratica clinica vediamo che da un lato ci sono delle famiglie che non trasmettono una trama perché la loro storia è caratterizzata da micro-eventi che impediscono di dare una rappresentazione alla traumaticità della vita, mentre dall’altro lato osserviamo delle famiglie dove non viene introdotta quella mancanza necessaria perché possa sorgere la dimensione del desiderio. In questo secondo caso la famiglia non consente al soggetto di incontrare una zona insatura, cioè non presidiata dai significanti familiari.
Nelle famiglie contemporanee possiamo dire che la difficoltà del soggetto a costruire una trama scaturisce da una prevalenza del vuoto traumatico.
Si tratta di un vuoto asemantico, oppure dall’assenza dell’esperienza della mancanza. In entrambi i casi l’Altro familiare assoggetta in modo rigido e confusivo il destino Simbolico del soggetto.
Quando manca la mancanza il soggetto viene nutrito prima ancora di avere fame e non arriva a sentire quella fame per la vita che lo spingerebbe verso l’esperienza del desiderio. In questi casi la ricerca della soddisfazione è confinata all’istantaneità e per il soggetto sfuma la possibilità di vivere il “momento presente” [Cfr. D.N. Stern (2004), Il momento presente. In psicoterapia e nella vita quotidiana].
Quando il singolo paziente non riesce a dare trama al trauma possiamo valutare l’opportunità di coinvolgere i familiari invitandoli in seduta come se fossero dei co-terapeuti e chiedendogli di partecipare a un lavoro di costruzione.
Questo approccio può funzionare in tutti quei casi in cui notiamo la necessità di restituire una trama a ciò che è sfilacciato, allo stesso tempo questa operazione di connessione può preparare il terreno per aprire una domanda del soggetto.
Si tratta di situazioni cliniche dove l’urgenza emotiva permea tutta l’esistenza del soggetto, mettendo in secondo piano ogni domanda di senso sul proprio malessere. In queste situazioni di solito veniamo interpellati in prossimità di una nuova crisi, un attimo dopo che il soggetto è stato travolto dal suo stile borderline.
Per qualche spunto in più guarda questo video sullo sciame borderline: