Anoressia e controllo
Le questioni irrisolte dell’anoressia riguardano essenzialmente il corpo e la relazione con l’Altro. Possiamo infatti individuare nell’anoressia una modalità di autocontrollo che viene applicata al corpo. Nell'anoressia il corpo viene congelato attraverso un’estenuante disciplina che piega i principi della dieta all’esigenza di un governo totale della mente sulla dimensione pulsionale.
CONTROLLO e RIFIUTO. Attraverso il controllo del corpo, il soggetto anoressico vuole ripristinare la sensazione di padronanza di sé. L'anoressia è collegata alla sensazione che il rapporto con l’Altro sia pieno di rischi e di delusioni perché ci si sente particolarmente esposti alla possibilità di essere lasciati.
Per il soggetto anoressico diventa allora più rassicurante riuscire a fare a meno del legame con l’Altro, ritrovando così la stabilità attraverso sé stessi anziché nella relazione.
Una delle tipiche congiunture relazionali che scandiscono l’esordio della disciplina anoressica riguarda la rottura dei legami sentimentali, dove il soggetto sperimenta, attraverso la fine di una storia d’amore, la mancanza di autosufficienza. L’anoressia sembra promettere il raggiungimento di una condizione soggettiva dove si può vivere senza l’Altro.
Nell’anoressia però il rifiuto dell’Altro si trasforma ben presto nel controllo del corpo, che diventa esso stesso un Altro su cui rivalersi: da questo punto di vista possiamo rintracciare una sorta di trattamento della ferita d’amore mediante il recupero della padronanza sul corpo.
Domare l’appetito diventa un modo per realizzare la vittoria della mente sul corpo.
Il progetto anoressico viene così assorbito in un circuito chiuso che, attorno all’oggetto-cibo (ridotto a oggetto-niente), costruisce una pratica disciplinare che eleva il controllo a modalità esistenziale. Tutto quello che riguarda l’assunzione o il rifiuto del cibo deve essere pianificato e calcolato in funzione del governo di sé.
L’anoressia rappresenta dunque l’esempio principe della volontà di governo di sé in quanto consente al soggetto di illudersi di averla vinta su ciò che appare ingovernabile: la fame. In tal modo il braccio di ferro sul controllo della relazione intersoggettiva viene spostato nel rapporto con il proprio corpo.
Su questa strada l’inciampo è però sempre dietro l’angolo e la fame può prendere alla sprovvista: la crisi bulimica rappresenta infatti il cedimento dell’armatura anoressica: qualcosa del corpo si insinua e rompe gli argini della rinuncia al cibo, consentendo, perlomeno in alcuni casi, di interrogare e mettere in discussione le ostinate necessità dei soggetti anoressici. È a partire da questa incrinatura che può aprirsi l’idea dell’inizio di una cura non solo per l’anoressia-bulimia ma anche per l'ampia famiglia dei disturbi dell’alimentazione.
ANORESSIA e ISTERIA. Da un punto di vista comportamentale l’anoressia si configura come l’esito di un digiuno forzato. Con la pratica del digiuno l’anoressica resiste a ogni tentazione pulsionale suscitata dal cibo e si estromette dalla tavola dell’Altro.
Grazie ai numerosi contributi di ricerca di Massimo Recalcati, possiamo interpretare questo rifiuto come una strategia isterica per provocare l’attenzione dell’Altro. Quando una figlia anoressica smette di mangiare, metaforicamente, sta segnalando ai genitori che qualcosa di quello che riceve non le va giù.
L’anoressica rifiutando il cibo offerto dall’Altro sabota il meccanismo relazionale in base a cui lei sarebbe il soggetto ricevente e gli altri coloro che danno. In questo meccanismo del dare e ricevere l’isterica-anoressica ci vede un detrimento della sua soggettività perché pensa, inconsciamente, che chi riceve si sottomette e invece chi dà domina.
L’anoressia isterica è dunque una strategia per ribaltare i rapporti di potere tra figli e genitori e per far emergere, nella forma cifrata del sintomo, una richiesta di amore.
L’amore infatti permetterebbe di cambiare la logica relazionale tra soggetto e Altro. Nell’amore ciò che viene dato è un dono che segnala la mancanza dell’Altro. Nell’amore il dono dell’Altro trasmette al soggetto questo assunto relazionale: “ti dono qualcosa come segno del fatto che tu mi manchi”.
Invece nella logica dello scambio nevrotico di cui patisce l’isterica, il dono dell’Altro segnala al soggetto che l’Altro ha una pienezza con cui si propone di colmare la mancanza del soggetto. Ed è qui che l’isterica si ribella (giustamente?) perché non ci tiene affatto a fare la parte del soggetto mancante.
Il pregiudizio inconscio, che ogni soggetto isterico dovrebbe abbandonare nel corso di una cura psicoanalitica, è quello in base a cui chi è mancante ha un valore inferiore.
La fine di una cura di un’isterica consiste quindi nel positivizzare il valore della mancanza: mostrare la propria mancanza non è un segno di debolezza o inferiorità rispetto all’Altro, ma il segno della propria apertura desiderante verso il desiderio dell’Altro.
Nell’anoressia isterica il sintomo si configura come uno strumento per tenere a bada le tentazioni del corpo. La pratica disciplinare del sintomo permette infatti alle ragazze anoressiche di ripristinare il controllo su di sé senza dipendere troppo dagli altri. Tuttavia, dietro questa apparente imperturbabilità e indipendenza, nell’anoressia isterica, è nascosto un fervente desiderio di lasciarsi andare e di non dover dimostrare nulla per essere amati.
ECCEZIONE e DESIDERIO. Nella nevrosi isterica il desiderio del soggetto è quello di poter essere l’eccezione che attiva il desiderio dell’Altro, senza però dichiarare apertamente la mancanza del proprio desiderio né tantomeno concedersi al desiderio dell’Altro.
Per un soggetto isterico l’appagamento è puramente allo stato potenziale, ciò che conta è assicurarsi di essere chi fa sorgere il desiderio dell’Altro.
L’idea di lasciarsi trasportare dall’effetto provocato dalla manifestazione del desiderio dell’Altro è quantomai lontana perché l’isterica vuole suscitare il desiderio dell’Altro ma non vuole assolutamente smettere di essere padrona di sé stessa e della situazione.
L’anoressia nella sua versione nevrotica tiene insieme questa contraddizione interna oscillando tra il desiderio di suscitare l’attenzione dell’Altro e il desiderio di anestetizzare il tumulto emotivo e corporeo causato dal desiderio dell’Altro.
Per qualche spunto in più si veda questo video sulle due anime del desiderio.