
Due modi di sentirsi estraneo
Nella psicopatologia classica il “sentimento di estraneità” (BEfremdung) che un clinico prova di fronte all’“estraneazione” (ENTfremdung) del paziente è stato il criterio con cui definire l’incomprensibilità della psicosi. Tale atteggiamento però ha relegato lo psicotico in un mondo a noi estraneo, inaccessibile.
Binswanger invece è stato uno dei primi a formulare un approccio clinico per la particolarità degli schizofrenici senza tradurla come alienità.
Estraneità ed estraneazione diventano così due modi di sentirsi estraneo che aiutano semmai a comprendere l’alterità dello psicotico.
Seguendo la stessa linea di pensiero Blankenburg ha individuato nell’impostazione fenomenologica di Husserl la possibilità di comprendere questi due modi di sentirsi estraneo. Per cogliere la specificità della psicosi Blankenburg è partito dallo studio di quel particolare modo di sentirsi estraneo che la sua paziente Anna Rau aveva definito perdita dell’evidenza naturale.
Indice
Epoché fenomenologica
Come facciamo a conoscere ciò che è totalmente estraneo alla nostra conoscenza? Ciò che è fuori dalla portata delle nostre possibilità conoscitive? L’incontro con il paziente psicotico pone innanzitutto questo interrogativo che non è solo una questione epistemologica ma è innanzitutto un problema che tocca l’intersoggettività e la partecipazione al senso comune.
La conoscenza della perdita dell’ancoraggio al “mondo della vita” non può avvenire su uno sfondo di evidenza che inglobi la conoscenza stessa. È necessario un distacco, un punto di appoggio da cui sia possibile apprendere qualcosa “sul” common sense e non più “nel” common sense.
Il “punto di Archimede” che al di fuori dell’evidenza naturale consente di accedere a questa conoscenza è l’epoché fenomenologico-trascendentale, nel senso di Husserl.
L’epoché è una “messa in parentesi” di ogni presupposizione teorica sul mondo e non indica altro che il “distacco radicale dall’evidenza dell’esistenza quotidiana”.
Husserl parla di un “atteggiamento ingenuo-naturale puro e semplice” che deriva dal “mondo della vita” e di un “atteggiamento riflessivo” che ha invece per oggetto “il come del modo di darsi soggettivo del mondo della vita”.
L’epoché si configura come un capovolgimento e un superamento dell’“atteggiamento naturale nei confronti della vita”, sebbene sospendere ogni spontaneo “processo di realizzazione” sia molto difficile.
Il fenomenologo deve opporsi alle resistenze che caratterizzano un simile cammino poiché queste sono non solo una garanzia per “l’ancoraggio del Dasein umano nel mondo della vita”, ma consentono anche di stabilire una prima differenza tra l’epoché fenomenologica e la perdita dell’evidenza naturale. Nella prima lo psicopatologo tenta di oltrepassare volontariamente il suo radicamento nell’ovvietà quotidiana; nella seconda, invece, il paziente schizofrenico rimane involontariamente soggiogato da una condizione di estraneazione all’abitualità sana.
Per qualche spunto in più guarda questo video sul libro Sogno ed esistenza di Binswanger: