Anoressia e Dasein in maschera
Nella clinica dell’anoressia osserviamo un’immobilizzazione del soggetto che sembra realizzarsi attraverso un’esistenza mascherata.
Nella tradizione della psicopatologia fenomenologica Roland Kuhn, un allievo di Binswanger, ha parlato di una “psicologia della maschera” mettendo in risalto quelle situazioni cliniche in cui i pazienti provano a superare la rottura che sperimentano verso sé stessi e verso il mondo.
La maschera diventa un modo per congelare la dolorosa rottura del proprio senso di identità e l’alterazione della connessione con gli altri.
In questi casi la dimensione dell’esserci (Dasein) diventa un “Maskendasein”: l’identificazione alla maschera sembra essere la soluzione per un vuoto esistenziale incolmabile e un rimedio per il distacco dalla dimensione intersoggettiva. La maschera serve allora a coprire il proprio vuoto esistenziale e ad evitare la sensazione di distacco dall’ambito relazionale.
In queste situazioni cliniche ci troviamo di fronte a delle forme di anoressia che sono ben lontane da quelle che troviamo descritte da Recalcati come “malattie dell’amore”, cioè forme di anoressia che si configurano come un appello rivolto all’Altro, come un modo per interrogare il desiderio dell’Altro.
In un’ottica clinica la Daseinsanalyse si pone essenzialmente come un metodo, cioè come un modo per accostarsi ai fenomeni psicopatologici evitando di compiere un’oggettualizzazione diagnostica che trasformi il soggetto in una serie di items da spuntare in una checklist. La prospettiva fenomenologica della Daseinsanalyse cerca piuttosto di cogliere le strutture dell’esserci (Dasein) e di considerare la patologia psichica come una trasformazione dell’esistenza e del modo di essere nel mondo. La clinica fenomenologica si propone come una scienza delle strutture del Dasein, cioè una modalità per cogliere quegli aspetti che caratterizzano l’essenza delle manifestazioni psicopatologiche.
Nei casi gravi di anoressia, come quello di Ellen West descritto da Binswanger o come quello di Nadia descritto da Janet, possiamo osservare la difficoltà del soggetto a vivere la possibilità di essere insieme agli altri. Già Husserl nella sua teorizzazione della “fenomenologia dell’intersoggettività” aveva sottolineato quanto la condivisione del pasto e la reciprocità delle azioni dei commensali esprimessero la tendenza dell’essere umano a entrare in relazione. In certe forme di anoressia viene sconvolto il campo delle “sintesi passive” dell’essere nel mondo, si tratta di quelle sintesi passive in cui, secondo Husserl, si costituiscono le condizioni di possibilità del nostro Dasein, di quel Dasein umano che dovrebbe essere sempre concepito come un Mit-Sein, un Mit-Sein che però, come l’anoressia mostra in statu detraendi, non è scontato che possa diventare un’effettiva possibilità di esistenza. È in questi frangenti psicopatologici che la maschera si presenta come un rammendo, un rammendo che copre il distacco del soggetto dall’Altro, ma anche dalla stessa possibilità di essere un soggetto incarnato nel suo corpo vivente (Leib).
Per qualche spunto in più guarda questo video sul libro Sogno ed esistenza di Binswanger:
Per approfondire, tra i libri di Nicolò Terminio, si rimanda a Lo sciame borderline. Trauma, disforia e dissociazione, pref. di M. Recalcati, Raffaello Cortina editore, Milano 2024.