
La differenza tra ossessione e preoccupazione
Ossessione e preoccupazione possono essere intese come due modi per ostacolare la creatività dell’inconscio.
In un capitolo del libro Cracking Up Christopher Bollas riflette sul coinvolgimento del soggetto con gli oggetti da cui è ossessionato. Bollas racconta di una sua paziente che trascorreva le sedute a lamentarsi delle mancanze del marito: con questo atteggiamento monocorde la paziente proiettava ripetutamente le parti indesiderate di Sé sul marito, che veniva costantemente chiamato in causa nel suo discorso come una sorta di oggetto terminale.
Bollas parla dell’oggetto terminale in opposizione all’oggetto transizionale.
L’oggetto transizionale di cui parla Winnicott è un precursore dell’uso trasformativo dell’oggetto che ciascun soggetto può compiere esplorando le possibili trasformazioni e realizzazione del Sé, invece l’oggetto terminale pone fine a ogni esperienza associativa e creativa dell’inconscio.
L’oggetto transizionale apre nuovi mondi, mentre l’oggetto terminale sembra quasi rassicurare il soggetto sull’impossibilità di accedere a nuove esperienze di Sé.
Nell’ossessione quindi l’oggetto viene azzerato rispetto alle sue possibilità evocative perché non rimanda mai a qualcosa di diverso, ogni ulteriore rimando dell’esperienza sembra essere escluso e paradossalmente ciò rassicura il soggetto perché gli consente di evitare di abbandonarsi al ritmo inconscio che viene sollecitato dagli eventi quotidiani.
Nell’ossessione viene eliminata la possibilità di un evento che segni il passaggio da un prima a un dopo oppure l’apertura di una nuova significazione per ciò che sembrava già noto.
La strategia ossessiva consiste dunque nell’escludere la possibilità di incontrare qualcosa di perturbante o non-familiare in ciò che si ritiene familiare.
La paziente di cui parla Bollas mostra questa tendenza ossessiva nel rapporto con il marito, tuttavia per lei il discorso non sembra chiudersi nella strategia ossessiva perché nel suo passato aveva comunque fatto esperienza di un incontro amoroso che l’aveva fatta vibrare, da questo incontro però non era nato nulla di promettente o soddisfacente perché l’uomo con cui aveva appena iniziato una relazione non aveva corrisposto il suo sentimento amoroso. Per un certo periodo di tempo la paziente di Bollas fu molto preoccupata per quell’uomo, che a differenza del marito, sebbene fosse insoddisfacente (ma per altre ragioni), evocava in lei una serie di ricordi, pensieri ed emozioni che la accompagnavano provocandole diverse intensità psichiche.
L’oggetto dell’ossessione è un oggetto terminale su cui il soggetto riversa le sue proiezioni chiudendosi la possibilità di essere toccato dall’evento dell’incontro. Invece l’oggetto della preoccupazione mantiene una sua integrità strutturale, cioè non viene pienamente sopraffatto dalle proiezioni del soggetto. In tal modo l’oggetto della preoccupazione si configura come un oggetto che conservando la sua integrità strutturale consente al soggetto di entrare in rapporto con un’alterità capace di evocare alcune intensità psichiche che rompono la ripetizione delle stesse dinamiche.
Nella preoccupazione la relazione oggettuale riesce ad aprire un varco nel ritmo inconscio del soggetto introducendo ed evocando elementi sparsi che possono trasformare e rivitalizzare l’esistenza.
Per qualche spunto in più guarda questo video sulle due anime del desiderio.