L’atto della testimonianza riguarda qualcosa di intestimoniabile perché c’è quel vuoto centrale che viviamo in esilio da ogni identificazione.
Il dramma della nevrosi consiste nella discordanza che si viene a creare tra ciò che il soggetto vive sul piano del Reale e ciò che lo rappresenta nella funzione simbolica.
L’interpretazione deve configurarsi più come un taglio che come un’interpunzione. Il taglio interpretativo si muove in direzione opposta alla proliferazione semantica dell’inconscio.
L’interpretazione non deve essere finalizzata a riprodurre in modo indefinito la concatenazione dei significanti, ciò equivarrebbe alla convalida dell’alienazione del soggetto nel campo dell’Altro.
La pratica interpretativa in psicoanalisi è rivolta al soggetto dell’inconscio e se consideriamo l’inconscio strutturato come un linguaggio ci troviamo allora di fronte alla questione della determinazione o indeterminazione significante del soggetto.
L’isterica cerca il suo desiderio nel desiderio dell’Altro, ossia nel desiderio che suppone all’Altro in quanto tale. L’ossessivo invece entra nel circuito del desiderio evitando l’alterità a cui apre la domanda d’amore.
La psicoanalisi è pratica e lo stile è il metodo in movimento. Ero partito da queste due affermazioni quando avevo iniziato a scrivere il libro Teoria e tecnica della psicoanalisi lacaniana dove mi sono anche divertito a comporre l'indice con altre brevi frasi che lette una dopo l'altra raccontano i principi della cura psicoanalitica lacaniana.
Nel discorso dell’università troviamo il sapere (S2) in posizione dominante e l’oggetto a che rappresenta la singolarità del plusgodere viene collocato nel luogo dell’Altro. In questo discorso possiamo osservare un movimento che intende installare il singolare in una posizione universale.
Nella prospettiva tracciata da Lacan l’atto analitico si configura come il paradigma dell’atto, compresi gli atti e gli interventi che l’analista compie durante la conduzione della cura. «L’atto psicoanalitico sembra idoneo a riverberarsi con più luce sull’atto, poiché è atto che si riproduce a partire dal fare stesso che esso comanda» [J. Lacan (1969), L’atto psicoanalitico, in Altri scritti, p. 369].