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Introduzione. 2018, pp. 11-22
In modo del tutto inedito a Milano nel 2017 il Dipartimento clinico dell’IRPA è stato aperto da una lezione magistrale di Enzo Bianchi, fondatore ed ex-priore del Monastero di Bose. Non era mai successo che un ciclo di incontri destinati alla formazione e alla ricerca psicoanalitica fossero inaugurati dal discorso di un monaco. La particolarità di un tema come “la psicoanalisi e i monoteismi” ha facilitato l’occasione, però bisogna sottolineare che Enzo Bianchi è una figura speciale con una personalità ardente e ha saputo rendere vive, anche per analisti e giovani in formazione, le fonti sapienziali e le narrazioni custodite nel testo biblico.

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Capitolo Libro - Attualità di Lacan - 2013
Nel lavoro clinico in istituzione ho parlato in diversi momenti con i miei colleghi dell’insegnamento di Jacques Lacan. Solitamente si trattava di un momento decisivo nella riflessione su un caso clinico. Si partiva dal “fare” per interrogarsi poi su “come fare”. E per me era inevitabile fare riferimento a Lacan. È di questa inevitabilità che vorrei qui discutere, cercando di mostrare per quali ragioni il lavoro terapeutico in istituzione debba continuare a rimanere in dialogo con la psicoanalisi e in special modo con quella lacaniana. 
 

Recensione - Lo Sguardo.net, Rivista di Filosofia, n. 11, 2013
Il libro Jacques Lacan e il trauma del linguaggio di Alex Pagliardini rappresenta uno studio approfondito sulla specificità della psicoanalisi. Nel suo percorso argomentativo lo psicoanalista Pagliardini costruisce i presupposti per cogliere la portata trasformativa dell’esperienza analitica. Attraverso la ricognizione minuziosa e dettagliata dei passaggi teorici e clinici che Jacques Lacan ha compiuto in un trentennio di attività seminariale, l’autore ci spinge nel confronto con la questione del trauma, questione decisiva per cogliere l’effettiva posta in gioco della psicoanalisi. 
 
 

Articolo - Attualità lacaniana, 2009, n. 9, pp. 91-98
Da più di un secolo, sin dalla nascita della psicoanalisi le storie cliniche si configurano attraverso un taglio che separa il testo narrato dal tempo di un’esperienza che è già passata. La storia implica dunque una marcatura del tempo. Scrivere una storia vuol dire generare un passato, circoscriverlo, organizzare il materiale eterogeneo dei fatti per costruire nel presente una ragione, un filo logico.
 
 

Articolo - Psychomedia. Telematic Review, Feb. 2008
Con il suo sforzo teorico e clinico Jacques Lacan ha cercato di garantire un posto per il soggetto. Lacan parte dalle que­stio­ni sollevate dall’esperienza analitica e cerca di sviluppare e trasmet­tere i principi di una prassi che non indietreggi innanzi alle esigenze della clinica. La direttrice che ani­ma il percorso lacaniano mira al cuore della posi­zione soggettiva e intende render conto di ciò che fa sintomo nell’esperienza del soggetto.
In questo contributo si tenterà di cogliere – a partire dal magistero di J.-A. Miller e dal lavoro svolto nel Campo freudiano – alcuni punti cruciali dell’insegnamento lacaniano. Il lavoro si articola in tre parti: nella prima (parr. 2-4) il concetto di sintomo viene trattato in riferimento a quello di soggetto dell’atto di enunciazione; nella seconda parte (parr. 5-7) il focus argomentativo si sposta dalla dimensione simbolica verso l’esperienza pulsionale del sintomo; nell’ultima parte (parr. 8-9) la teoria lacaniana del soggetto vie­ne approfondita in relazione ai temi di memoria, inconscio e autenticità, evidenziando soprattutto la que­stione della scelta soggettiva.

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Articolo - Psychomedia. Telematic Review, Feb. 2006
Lacan rilegge le Opere freudiane interrogando il metodo con cui Freud affrontava le questioni che la sua pratica clinica via via gli poneva. La lettura lacaniana "è la lettera di Freud di cui prolunga il percorso per decifrarla e offrirla a dei nuovi lettori" (Miller 1991). Lo sforzo di Lacan mette a nudo la struttura che contiene le coordinate dei miti freudiani, infatti della letteratura freudiana non privilegia la sua "forma epica", ma decifra la struttura che il testo di Freud postula. Nelle pagine che seguono si cercherà di metter in luce alcuni passaggi del lavoro compiuto da Lacan su uno dei classici freudiani: il Caso clinico del presidente Schreber.
 
 

Articolo - Dasein, 7, 2018
Tempo, conoscenza e dispositivo sono tre parole chiave per intendere la matrice filosofica della psicologia. In particolar modo quando la ricerca psicologica e la pratica clinica si accostano al tema della costituzione della soggettività umana, che è il problema filosofico per eccellenza.
Questo contributo si focalizza su alcuni aspetti antropologici che sono messi in risalto dalla prospettiva clinica della psicoanalisi e della psicopatologia fenomenologica. L'obiettivo finale è quello di mostrare la prossimità del gesto filosofico e dell'intervento clinico.

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Recensione - Comprendre, 2018, 27-30, pp. 382-388
Il libro sulle psicosi sintetiche curato da Gilberto Di Petta e Danilo Tittarelli si configura come una guida per incontrare molti di quei pazienti che danno corpo alle nuove forme di tossicomania. Questi pazienti sono dei nuovi “psiconauti” che presentano una sintomatologia che non è classicamente psicotica né esclusivamente tossicomanica. La loro “mania” non si presenta come un matrimonio con un unico tipo di droga. Il legame esclusivo che gli eroinomani mostravano verso la sostanza viene ora nebulizzato e sovvertito da una poligamia tossicomanica che non dà corpo a nessuna luna di miele, c’è semmai un mordi e fuggi che spinge di sostanza in sostanza nella ricerca compulsiva di un’alterazione psichica lucidamente avvertita.

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Articolo - Plexus. Semestrale Scientifico Online, 2015
In questo lavoro viene presentato uno studio su una singola seduta di gruppo condotta da Salomon Resnik nella comunità terapeutica Fermata d’Autobus. La comunità ospita pazienti con doppia diagnosi. La seduta è stata videoregistrata e su di essa sono stati compiuti tre livelli di analisi. Il primo livello riguarda le osservazioni di due terapeuti presenti durante la seduta con Resnik. Il secondo livello comprende le osservazioni compiute da un gruppo di psicoterapeuti che hanno visto la videoregistrazione della seduta. Il terzo livello prova a mettere insieme i primi due. Le conclusioni a cui giunge questo studio riguardano l’opportunità per una istituzione di cura di accogliere la visita di “un analista di passaggio”, in modo da mantenere un contatto generativo con la dimensione del perturbante.

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Articolo - Comprendre, 2014, 24, pp. 203-216
Il legame tra fenomenologia e psicoterapia non è scontato, sebbene la psicopatologia fenomenologica si sia configurata sin dai suoi albori come un’innovazione epistemologica e metodologica dell’incontro con il malato mentale. L’orientamento fenomenologico in psicopatologia pone in rilievo la dimensione del vissuto soggettivo: la malattia mentale non viene osservata dall’esterno come se fosse un mero fenomeno biologico, ma viene interrogata come l’indice semantico del percorso esistentivo di un paziente. La centralità della persona costituisce dunque il carattere peculiare dell’approccio fenomenologico in psicopatologia. In tale cornice epistemologica viene infatti privilegiato un vertice di osservazione che intende superare i limiti dell’organicismo aprendo nella malattia mentale un orizzonte di senso in grado di illuminarci su ciò che rende umano l’essere umano. In tal senso la psicopatologia fenomenologica va intesa come una “psicologia del patologico”, dove l’obiettivo centrale dell’analisi clinica si traduce in un percorso esplorativo sulle condizioni di possibilità dell’esperienza umana.

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Capitolo Libro - Quale omogeneità nei gruppi?, 2013
Nelle pagine che seguono intendo approfondire le questioni legate al gruppo, al campo istituzionale e alla psicopatologia dei pazienti della comunità. In particolare cercherò di illustrare in che modo l’appuntamento settimanale del gruppo parola possa svolgere la funzione di un contenitore in grado di assemblare i contenuti che aleggiano nell’atmosfera della comunità. Entra in gioco un fondamentale processo di elaborazione, senza il quale la comunità farebbe fatica a costituirsi come luogo terapeutico. È una questione che diventa ancor più evidente se consideriamo la specifica configurazione psicopatologica che sostiene i problemi dell’alcolismo e della tossicodipendenza. Nel titolo indico appunto il riferimento all’area borderline per sottolineare il funzionamento “classico” del tossicomane. In una comunità la sfida terapeutica consiste innanzitutto nell’evitare la cronicizzazione di un funzionamento che al suo esordio rappresentava la risposta a un trauma, ma che nel tempo è diventato una modalità organizzatrice dell’identità del soggetto. La cura inizia allora quando si riesce a far emergere una possibile discrepanza tra il soggetto e la maschera identitaria che lo rappresenta a se stesso e agli altri. È questo il modo iniziale in cui si presenta, perlomeno nella nostra comunità, la questione dell’omogeneità promossa dal sintomo tossicomanico. 
 
 

Capitolo Libro - Corpi ipermoderni, 2012
In ambito psicoanalitico lacaniano la clinica dell’anoressia-bulimia ha imposto il tema del coinvolgimento dei genitori nella cura delle giovani pazienti anoressico-bulimiche. Tale questione si è rivelata imprescindibile soprattutto in tutte quelle situazioni cliniche in cui sono proprio i genitori a chiedere una cura per le loro figlie. Numerosi lavori di analisti lacaniani hanno considerato il tempo dei colloqui con i genitori come una fase preliminare all’inizio della cura delle pazienti anoressico-bulimiche.  Nelle pagine che seguono cercherò di chiarire in che senso possiamo definire la pratica clinica dei colloqui preliminari come “consulenza generativa”.
 
 

Articolo - Plexus. Semestrale Scientifico Online, 2011
Il testo approfondisce la psicopatologia della tossicodipendenza, ponendo in rilievo la fenomenologia borderline. L’attenzione viene focalizzata sulla configurazione dei legami familiari nei soggetti tossicomani. In particolare viene studiato il dispositivo antropologico del trauma, che si presenta come il nucleo centrale su cui fondare il lavoro terapeutico.
 
 

Articolo - L'altro. Rivista per la Formazione in Psichiatria 2011
In questo lavoro vengono presentati alcuni dati clinici provenienti dalle esperienze iniziali del Servizio Socio-Educativo Territoriale “Millefiori”, che nell’intenzione iniziale è stato progettato con la funzione principale di accompagnamento nel territorio di soggetti tossico/alcoldipendenti che hanno già svolto un trattamento terapeutico. L’obiettivo argomentativo consiste nel mostrare le potenzialità terapeutiche di un Servizio Territoriale che, nell’esperienza dell’incontro con i pazienti, si è rivelato sempre più duttile come strumento di primo “aggancio” e intervento nei casi di giovani pazienti borderline con problemi di tossicodipendenza. Vengono quindi discusse le questioni psicopatologiche dei pazienti presi in carico e le strategie di intervento applicate.
 
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Relazione presentata al IX Seminario Nazionale di JONAS Onlus
La funzione del campo istituzionale può però essere garantita soltanto dalla promozione della dimensione gruppale dello scenario terapeutico. Il campo istituzionale non è infatti riducibile alle variabili organizzativo-strutturali (set) di una comunità terapeutica, perché chiama in causa il pensiero terapeutico che orienta una comunità e la matrice delle relazioni gruppali che vi prendono corpo (setting). L’esperienza clinica, che viene qui schematicamente presentata, permette di considerare la dimensione gruppale dello scenario terapeutico come elemento fondamentale per leggere e intervenire sulla vulnerabilità del campo istituzionale e sulle possibilità trasformative del progetto terapeutico individuale.
 
 

Articolo - Funzione Gamma Journal, 2010, 24, pp. 1-21
The topics presented in this paper[1] aim to answer three questions. The first: what is it that justifies the changes of contemporary psychopathological forms? The second: why resort to the group when treating anorexia and bulimia? The third: when working with patients with eating disorders, which are the factors that make group work therapeutic?
The theoretic approach that will be adopted regarding the subject in contemporary clinical practice is that of psychoanalysis of Lacanian orientation. Particular focus shall be placed on work carried out by the psychoanalyst Massimo Recalcati[2] over the last fifteen years.
The paper develops three main points that are structured in consecutive manner: firstly there will be a brief outline on some aspects of the theory of the subject in J. Lacan (paragraphs 1-2-3); continuing with the Lacanian perspective on new symptomatic issues regarding present day social questions (paragraphs 4-5-6); and lastly I will delineate the essential coordinates of psychotherapeutic strategies that are used in the preliminary treatment of the “new symptoms” (paragraphs 7-8-9-10).
 
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Capitolo Libro - Ritratti della nuova clinica , 2010
Nell’ambito della teoria e clinica dell’anoressia-bulimia Recalcati propone come strategia di cura l’uso del gruppo monosintomatico. Per schematizzare le nostre argomentazioni sul legame tra teoria, clinica e ricerca in psicoanalisi possiamo procedere articolando cinque domande:
  1. Come affrontare la questione dei preliminari nella clinica dei nuovi sintomi?
  2. Quali sono gli elementi del set(ting) della cura?
  3. In che modo tali caratteristiche possono configurare un dispositivo che abbia effetti terapeutici sui nuovi sintomi?
  4. E che cosa si intende per effetti terapeutici?
  5. Sulla base dell’esperienza clinica relativa al gruppo omogeneo, quali sono i processi psichici che si possono inferire a partire dall’osservazione dei fenomeni?
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Un percorso di lettura
In questo testo illustrerò in modo sintetico cosa dicono le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sull’educazione sessuale. Il mio obiettivo è quello leggerle in modo critico e senza averne paura, cercando di mostrarne limiti e opportunità. In un primo passaggio darò qualche coordinata di un modello psicologico che ci può consentire di mantenere il giusto riferimento relazionale e simbolico nella lettura delle linee guida.

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Recensione pubblicata su doppiozero.com - maggio 2017
Il libro Cosa si fa quando si fa filosofia? di Rossella Fabbrichesi è scritto “per tutti e per nessuno” e così anche chi non ha dedicato la propria vita alla vocazione filosofica può rintracciarvi alcuni elementi decisivi per la propria pratica. La filosofia viene infatti presentata come un sapere vivente che trova la propria specificità nel suo farsi, nel suo prendere corpo in una serie di pratiche che trasformano il sapere in opera viva. Il taglio pragmatico che viene dato al sapere consente di ripercorrere la storia della filosofia recuperandone la valenza politica. La filosofia è un esercizio da praticare in una relazione e può trasmettersi solo attraverso le vie della testimonianza. E nella testimonianza ciò che viene insegnato può essere appreso solo se diventa sapere incarnato: “un maestro ci guida, ma poi dobbiamo riuscire a progredire da soli, senza il suo aiuto, avendo incorporato le verità apprese”.

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Elaborato scritto nel 2008
La prospettiva che si assumerà nell’impostazione degli argomenti troverà uno dei suoi perni in un’osservazione che già negli anni Trenta poneva il filosofo Ludwig Wittgenstein: “Forse che colui che è reso irrequieto dall’amore troverà calma e aiuto in una spiegazione fisiologica dell’amore?”.
Il percorso argomentativo si articola in tre parti consecutive. Nella prima (Temi introduttivi) vengono presentati alcuni nodi tematici del dialogo tra neuroscienze e psicoanalisi: in particolare si farà riferimento al problema mente-cervello e alla scoperta dei neuroni specchio. Nella seconda parte (Neurobiologia del cambiamento psichico) l’accento viene posto sugli aspetti neurobiologici del cambiamento psichico: si parte dai lavori di Kandel e si giunge alla proposta teorica di Ansermet e Magistretti. Infine, nella terza parte (Quale avvenire per l’inconscio?) gli argomenti precedenti vengono compendiati e articolati in una prospettiva critica che avrà come riferimento l’orientamento lacaniano.
 
 
Psicoterapeuta Torino
Nicolò Terminio, psicoterapeuta e dottore di ricerca, lavora come psicoanalista a Torino.
La pratica psicoanalitica di Nicolò è caratterizzata dal confronto costante con la ricerca scientifica più aggiornata.
Allo stesso tempo dedica una particolare attenzione alla dimensione creativa del soggetto.
I suoi ambiti clinici e di ricerca riguardano la cura dei nuovi sintomi (ansia, attacchi di panico e depressione; anoressia, bulimia e obesità; gioco d’azzardo patologico e nuove dipendenze) e in particolare la clinica borderline.

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